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FAQ - Domande e risposte sulla devolution
- COME AVVIENE LA REVISIONE COSTITUZIONALE?
- CHE COS'È LA DEVOLUTION?
- È GIUSTO CHE LA MAGGIORANZA CAMBI LA COSTITUZIONE?
- MI DICONO CHE ANCHE IL CENTRO-SINISTRA NEL 2001 L'HA FATTO. COME POSSO RISPONDERE?
- IL PROGETTO MODIFICA IL BICAMERALISMO, CREANDO IL SENATO FEDERALE. PERCHÉ NON VA?
- QUESTA RIFORMA CI AVVICINA AL FEDERALISMO?
- QUESTO PROGETTO RAFFORZA IL GOVERNO E DÀ STABILITÀ. PERCHÉ NON VA BENE?
- QUANDO SI VOTA?
- SU COSA SI VOTA?
- CHI HA CHIESTO IL REFERENDUM?
- C'È IL QUORUM DI VALIDITÀ PER QUESTO REFERENDUM?
- COSA SUCCEDE SE VINCONO I SÌ ? E SE VINCONO I NO?
- UN MIO AMICO È UN CONVINTO FEDERALISTA: COME FACCIO A CONVINCERLO A VOTARE NO?
- MI HANNO DETTO CHE CON QUESTO PROGETTO SI RIDUCONO I PARLAMENTARI E SI ABBASSANO I COSTI. È VERO?
- QUESTO PROGETTO TOCCA DAVVERO SOLO LA FORMA DI GOVERNO? O RIGUARDA ANCHE I PRINCIPI ED I DIRITTI ED I DOVERI (parte prima della costituzione)?
- MI DICONO CHE CON LA DEVOLUTION AVREI SERVIZI MIGLIORI. È VERO?
- LA COSTITUZIONE HA PIÙ DI 50 ANNI. NON È DA CAMBIARE ? IN CHE PARTI?
- LA VITTORIA DEI NO IMPEDIREBBE LE RIFORME COSTITUZIONALI DI CUI C'È BISOGNO?
- QUALCUNO SOSTIENE CHE SOLO LA VITTORIA DEI SÌ GARANTIREBBE RIFORME SICURE E CHE, IN REALTÀ, PER CORREGGERE I DIFETTI DELLA RIFORMA (IN PARTICOLARE SULLA FORMA DI GOVERNO) CI SAREBBE POI TEMPO TUTTA LA LEGISLATURA, VISTO CHE L'UNICA PARTE CHE ENTRA SUBITO IN VIGORE È QUELLA RELATIVA AI RAPPORTI STATO / REGIONI (TITOLO V).
1. COME AVVIENE LA REVISIONE COSTITUZIONALE?
Secondo l'art. 138 della Costituzione repubblicana, le leggi di revisione della costituzione devono essere approvate dalle camere con un doppio passaggio (con due votazioni da parte di ciascuna camera); se nella seconda votazione si raggiunge la maggioranza dei 2/3, la revisione è approvata definitivamente ed entra in vigore; se, invece, nella seconda votazione, si ottiene solo la maggioranza assoluta (metà + 1), la legge di revisione non può entrare subito in vigore, perché può essere richiesto entro tre mesi il referendum da parte di 1/5 dei parlamentari, 5 consigli regionali, 500.000 elettori. In questo caso, l'approvazione definitiva della revisione è subordinata al voto popolare (la maggioranza dei votanti decide se approvare o respingere la revisione).
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2. CHE COS'È LA DEVOLUTION?
Per devolution in Italia si intende l'attribuzione alle regioni di una competenza legislativa che viene definita "esclusiva".
Il progetto originario, presentato dal ministro per le riforme Bossi all'inizio della passata legislatura, prevedeva l'attribuzione esclusiva regionale in materia di sanità, istruzione e "polizia locale" (che avrebbe compreso vere e proprie funzioni di ordine pubblico): ciò significava togliere la competenza allo stato in quelle tre materie per attribuirla interamente alle regioni.
Invece, nel progetto che è stato poi approvato dalle camere nel 2005 e che sarà sottoposto al referendum del 25 giugno, accanto alle competenze "esclusive" regionali in quelle tre materie (la "polizia locale" è diventata però solo "polizia amministrativa regionale e locale") è stata mantenuta una competenza, anch'essa chiamata esclusiva, dello stato per stabilire le "norme generali" sulla tutela della salute e sull'istruzione, nonché la competenza esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza.
Ciò rende più difficile capire cosa accadrebbe davvero in caso di attuazione della riforma:
chi avrà più potere rispetto ad oggi ? Lo stato, attraverso le sue competenze esclusive, o le regioni, attraverso le loro competenze esclusive ?
Ci saranno tanti sistemi sanitari e di istruzione diversi, mettendo a rischio l'uguaglianza dei cittadini e i loro diritti sociali, oppure sarà lo stato ad avere più poteri di quelli attuali per imporre alle regioni uniformità ?
. quello che è certo è che i conflitti tra stato e regioni sono destinati ad aumentare .
[v. anche la domanda n. 5]
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3. È GIUSTO CHE LA MAGGIORANZA CAMBI LA COSTITUZIONE ?
No, è una gravissima distorsione delle regole della democrazia e dello Stato di diritto. La Costituzione non è una legge come le altre, ma la cornice entro cui ogni legge ed ogni indirizzo politico devono trovare collocazione. La Costituzione dovrebbe riflettere l'identità più profonda e stabile di una collettività. Essa è il perno attorno a cui possono ruotare, agganciati ad un comune riferimento, maggioranze ed indirizzi politici. Se la revisione avviene a stretta maggioranza, e - peggio ancora - con la sola maggioranza che sostiene il Governo, anziché essere la Costituzione la base indiscussa di ogni indirizzo politico, la stabilità della maggioranza diviene la variabile indipendente e il ridisegno della Costituzione quella dipendente. Così, per tenere insieme la parte (il Governo), non si esita a distruggere il tutto (la Costituzione)! Per questo motivo, la posta in gioco di questa riforma è davvero grave, poiché essa mette in crisi l'idea stessa di Costituzione e, con essa, il costituzionalismo inteso come tecnica di contenimento del potere. Si prepara così un'instabilità costituzionale, con la Costituzione coinvolta nel fango delle rappresaglie tra coalizioni che si alternano al Governo. La Costituzione del 1948, in un contesto di divisioni ideologiche ben più nette e marcate di quelle odierne, ha saputo esprimere valori condivisi, raccogliendo il consenso della quasi unanimità dell'Assemblea costituente.
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4. MI DICONO CHE ANCHE IL CENTRO-SINISTRA NEL 2001 L'HA FATTO.
COME POSSO RISPONDERE ?
È vero: il centro-sinistra approvando nel 2001 la riforma costituzionale del Titolo V ha commesso un errore e molti oggi, seppur tardivamente, lo riconoscono. Quell'esempio negativo porta la responsabilità della rottura della "pace" costituzionale. E tuttavia anche nell'errore c'è una gradazione: l'operazione di riforma del centro-destra su cui saremo chiamati ad esprimerci è di gran lunga più pericolosa, per diversi motivi: (a) perché il centro-sinistra ha cambiato solo il Titolo V, agendo dunque su di un oggetto complessivamente omogeneo su cui il referendum costituzionale poteva essere più credibile; (b) la riforma del 2001 è stata per larghi passaggi dell'iter di approvazione condivisa dall'allora minoranza di centro-destra che si tirò indietro solo nella votazione finale; (c) la riforma del 2001, pur certo discutibile, mirava complessivamente alla riduzione del potere centrale a vantaggio delle Regioni e degli enti locali; oggi si rafforza il Governo centrale: cambiare da soli e per di più per aumentarsi il potere è più sospetto che cambiare da soli per ridurselo.
E tuttavia, proprio perché anche il centro-sinistra non è immune da colpe, è compito e responsabilità primaria dei cittadini e delle loro associazioni la difesa attiva della Costituzione! Nei confronti dei cittadini non vale la critica: "anche voi lo avete fatto.", perché i cittadini non possono diventare ostaggio delle rappresaglie costituzionali che maggioranze e minoranze del momento si scambiano!
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5. IL PROGETTO MODIFICA IL BICAMERALISMO, CREANDO IL SENATO FEDERALE. PERCHÉ NON VA?
Per la sua composizione il senato "federale" è tale solo di nome ma non di fatto, perché per la sua composizione non è in grado di rappresentare né le esigenze delle regioni, né, tanto meno, quelle degli enti locali; infatti, i senatori effettivi hanno solo un debole legame con le regioni in cui vengono eletti, mentre i veri rappresentati delle autonomie locali non hanno diritto di voto [v. anche dom. 11].
Non basta essere residenti in una Regione per poterne diventare i rappresentanti: questa riforma cambia il nome del Senato, ma non la sostanza, garantendo la "sopravvivenza" a tutta la classe politica.
Inoltre, la riforma sostituisce il bicameralismo "paritario e perfetto" attuale (ogni legge deve essere approvata da entrambe le camere nel medesimo testo) con uno strano bicameralismo "simmetrico-speculare", in cui ciascuna camera ha la prevalenza in alcune specifiche materie (restano poi anche alcune materie in cui sono previste leggi bicamerali, cioè approvate da entrambe le camere).
La ripartizione delle competenze è fatta con riferimento alla distribuzione della materie tra stato e regioni (la Camera dei deputati farà le leggi nelle materie di competenza esclusiva dello stato, mentre il Senato federale farà le leggi sui principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente delle regioni) e sarà causa di gravi incertezze e di potenziali conflitti per decidere la competenza in caso di leggi complesse (che potrebbero risultare parzialmente di competenza di una camera e parzialmente dell'altra); i meccanismi di soluzione previsti, affidati all'accordo tra i due presidenti delle camere o a una commissione paritetica, non sono chiari né risolutivi.
Il processo legislativo sarà più opaco, complesso ed oscuro, e ciò, dal punto, di vista democratico è già un bel problema.
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6. QUESTA RIFORMA CI AVVICINA AL FEDERALISMO ?
La riforma viene presentata come "federalista", ma, a ben vedere, gli elementi di federalismo sono pochi e contraddittori.
Innanzitutto, il Senato sarà "federale" solo di nome e non di fatto [v. dom. 4].
In secondo luogo, la devolution [v. anche domanda 1] è confusa e contraddittoria e non garantisce effettivamente più poteri alle regioni (ammesso che più poteri regionali siano auspicabili proprio nelle materie in cui opera la devolution, che sono sanità, istruzione e polizia amministrativa locale).
In terzo luogo, la riforma aumenta il numero delle materie di competenza esclusiva dello stato rispetto ad oggi: sono aggiunte all'elenco delle materie statali nell'art. 117 non solo sicurezza e qualità alimentari, ma anche sicurezza del lavoro, grandi reti di trasporto e navigazione, ordinamento della comunicazione, professioni intellettuali, ordinamento sportivo nazionale, produzione, trasporto e distribuzione dell'energia.
Infine, la riforma introduce la possibilità per il governo di far annullare le leggi regionali ritenute in contrasto con l'interesse nazionale. Il limite dell'interesse nazionale esisteva nella versione originaria della Costituzione ed era stato successivamente eliminato proprio su richiesta pressante delle Regioni che vi avevano trovato un ostacolo alla loro autonomia: oggi, nonostante la retorica sul federalismo, si vuole reintrodurre.
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7. QUESTO PROGETTO RAFFORZA IL GOVERNO E DÀ STABILITÀ.
PERCHÉ NON VA BENE ?
È indubbio che questo progetto di revisione costituzionale rafforza il Governo dello Stato: esso fa del Primo Ministro un vero e proprio capo del Governo e rende il Parlamento un organo fortemente condizionabile dal Governo stesso. Ma che tipo di stabilità è questa? È una stabilità che semplifica troppo la complessità delle opinioni sociali e politiche, facendo piazza pulita del pluralismo e confidando nelle virtù magiche del leader di risolvere in sé tutte le divergenze. Vengono a mancare elementari contrappesi tra Governo e Parlamento e si irrigidisce la distinzione maggioranza/minoranze rendendo inutile o perfino dannoso il dialogo e la mediazione. A forza di semplificazioni, la democrazia va in sofferenza o si riduce al solo giorno delle elezioni!
Ma è vera stabilità? La vera stabilità nasce da uno stile di mediazione e di condivisione: solo allora la decisione produce effetti duraturi. Se una decisione è imposta al di fuori del dialogo, a stretta maggioranza, chi la subisce, quando - a sua volta - sarà al potere, la rovescerà e quella che sembrava stabilità si rivelerà essere una situazione di conflitto e di incertezza continui.
Anche la trasformazione in senso federale dell'ordinamento impone che allo Stato siano progressivamente affidate funzioni di unità e stabilità della federazione per evitare sobbalzi bruschi e continui di indirizzo politico (si pensi alle continue riforme e contro-riforme della scuola!) che disorientano le autonomie territoriali, sociali ed i cittadini. Per evitare questo effetto parrebbe opportuno, soprattutto a livello statale, prevedere una forma di governo mediativa e dialogica.
Infine: siamo convinti che proprio quando una società mostra fondamenti deboli o indeboliti (come avviene nella nostra) debba, più ancora di una coesa, affidare le proprie decisioni e le proprie scelte a spazi di confronto il più possibili aperti, ad istituzioni che siano contenitori di mediazioni e di relazioni. Solo l'apertura al dialogo può contribuire a ricreare quel terreno comune indispensabile per far funzionare la democrazia. Viceversa, il ricorso (la delega) ad un decisionismo assoluto rischia di instaurare una continua conflittualità e di soffiare sul fuoco delle divisioni del Paese.
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8. QUANDO SI VOTA ?
Si vota domenica 25 (tutto il giorno) e lunedì 26 giugno 2006
[La data è fissata dal decreto del Presidente della Repubblica che indice le elezioni, su proposta del governo (del precedente governo Berlusconi, nella riunione del 27 aprile 2006): infatti, dopo il controllo della regolarità delle richieste da parte della Corte di cassazione - avvenuto tra il 21 febbraio e il 16 marzo- il governo aveva 60 giorni di tempo per proporre al Presidente della Repubblica una data di svolgimento del referendum, che comunque cadesse in una domenica compresa tra il 50° ed il 70° giorno successivo al decreto di indizione].
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9. SU COSA SI VOTA ?
Il "quesito" del referendum sarà "Approvate il testo della legge costituzionale .. approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 18 novembre 2005 ?"
Ciò significa che si voterà su tutto l'insieme della riforma (si tratta in tutto di 57 articoli: 52 modificano il testo della costituzione repubblicana riscrivendone ampiamente la seconda parte, 5 prevedono le norme transitorie e finali).
Il testo della legge di riforma non sarà trascritto sulla scheda elettorale e quindi l'elettore deve avere una informazione precedente per decidere cosa votare; dal momento che si vota su tutto il complesso della riforma non è necessario conoscere ogni singolo articolo della legge di riforma: basta comprendere il senso "complessivo" della riforma, il suo insieme, per essere in grado di decidere se votare SÌ (approvando definitivamente la revisione già approvata dalla maggioranza nella scorsa legislatura) ovvero votare NO (respingendo definitivamente la revisione).
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10. CHI HA CHIESTO IL REFERENDUM ?
Quando il parlamento approva una legge costituzionale con una maggioranza inferiore ai 2/3, la legge non può entrare subito in vigore; il testo è pubblicato sulla GU (ciò è avvenuto il 18 novembre 2005) ed entro 3 mesi può essere richiesto il referendum popolare confermativo; se nessuna richiesta di referendum fosse presentata, passati i tre mesi il Presidente della Repubblica promulgherebbe la legge, che entrerebbe poi in vigore.
Il referendum può essere richiesto da 1/5 dei membri di una camera (circa 60 senatori o 126 deputati), da 5 consigli regionali o da 500.000 elettori.
In concreto, il referendum sulla riforma della parte seconda della costituzione approvata dalla camere nel 2005 è stato richiesto da tutti coloro che ne avrebbero avuto la possibilità: 15 regioni, 112 senatori, 249 deputati, oltre 1.000.000 di elettori.
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11. C'È IL QUORUM DI VALIDITÀ PER QUESTO REFERENDUM ?
No, il referendum è valido anche se vota una sola persona. Per il referendum costituzionale non c'è infatti il quorum di validità: significa che non è richiesto che partecipi al voto la maggioranza degli elettori e che, quindi, il voto avrà un risultato effettivo qualsiasi sia il numero dei partecipanti al voto.
La maggioranza dei voti validi determinerà il risultato (maggioranza dei sì = approva la riforma; maggioranza dei no = respinge la riforma)
Per questo la strategia dell'astensione è insensata. Ognuno deve assumere la responsabilità della sua scelta. Ogni cittadino e cittadina che abbia a cuore la Costituzione ed il bene comune del Paese deve recarsi a votar e votare NO!
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12. COSA SUCCEDE SE VINCONO I SÌ ? E SE VINCONO I NO ?
Nell'immediato:
se vincono i no, questa legge di revisione è respinta e la Costituzione repubblicana resta in vigore nel suo testo attuale;
se vincono i sì la legge di revisione è promulgata dal Presidente della Repubblica e, dopo la pubblicazione sulla GU, entra in vigore.
Ciò significa che:
se vincono i sì, il testo della seconda parte della Costituzione repubblicana viene sostituito in tutte le sue parti importanti: per quanto riguarda la composizione e il funzionamento del parlamento, la forma di governo, il presidente della repubblica, i rapporti tra stato, regioni ed enti locali. Gli effetti però non sarebbero immediati: in sostanza, solo la parte relativa ai rapporti stato, regioni ed enti locali entrerebbe in vigore immediatamente; le norme sul governo e quelle sulle camere entrerebbero in vigore solo dalla legislatura successiva a quella in corso (se non ci saranno elezioni anticipate, quindi, solo dal 2011) e alcune persino dal 2016 (ad esempio, quelle sulla riduzione del numero dei parlamentari).
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13. UN MIO AMICO È UN CONVINTO FEDERALISTA: COME FACCIO A CONVINCERLO A VOTARE NO ?
Con una battuta: basterebbe convincerlo a leggere attentamente la parte della riforma relativa ai rapporti stato e regioni, dato che molte delle norme revisionate "peggiorano" la posizione delle regioni rispetto alla riforma del titolo V del 2001!
In realtà, si tratta di questioni non facilissime da decifrare, perché per capirne il funzionamento effettivo occorre attendere la prassi che si affermerà. Gli equilibri che mancano in Costituzione li dovrà ricreare la politica che dunque guadagna in potere e perde in vincoli!
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14. MI HANNO DETTO CHE CON QUESTO PROGETTO SI RIDUCONO I PARLAMENTARI E SI ABBASSANO I COSTI. È VERO ?
RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI: è vero, però la riduzione è più apparente che reale, in quanto:
è vero che il numero dei deputati scende da 630 a 518 (-112, pari al 18%) e quello dei senatori da 315 a 252 (-63, pari al 20%) però . questa parte della riforma si applica solo a partire dal 2016 !
Non solo, la riduzione dei senatori è più apparente che reale: ai 252 senatori veri e propri vanno aggiunti, infatti, anche 42 rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali che partecipano all'attività del senato senza diritto di voto . riportando così il numero dei senatori a 294 !
SI ABBASSANO I COSTI: se si riferisce al numero dei parlamentari, la risposta è . solo dal 2016 e solo in parte, perché anche i senatori "aggiunti senza diritto di voto" riceveranno comunque una qualche indennità . E comunque, per il resto, si introducono meccanismi così farraginosi che non potrà che derivarne un aggravio di costi.
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15. QUESTO PROGETTO TOCCA DAVVERO SOLO LA FORMA DI GOVERNO ? O RIGUARDA ANCHE I PRINCIPI ED I DIRITTI ED I DOVERI (parte prima della costituzione)?
L'idea che si possa stravolgere la parte della Costituzione sull'organizzazione dei poteri lasciando invariati i principi ed i diritti è una colossale ingenuità o, peggio, un gravissimo raggiro! Tra prima e seconda parte della Costituzione esistono collegamenti strettissimi, equilibri delicati che bisogna riconoscere e rispettare: pensiamo, solo per fare un esempio, a come la devolution sulla sanità possa incidere sul diritto alla salute; o come la riforma degli organi giurisdizionali o della Corte costituzionale e l'indebolimento del principio della separazione dei poteri possano incidere sulle garanzie e sui diritti di difesa dei cittadini dagli abusi del governo! Del resto, se i principi non avessero nulla da dire sull'organizzazione dei poteri, a cosa mai servirebbero? Come insegna la storia, l'organizzazione dei poteri è disciplinata in Costituzione proprio per meglio garantire i diritti ed i doveri dei cittadini!
In particolare, la nostra Costituzione è stata scritta dai Costituenti del 1947 secondo un parallelo chiaro e coerente tra i diritti della persona e delle formazioni sociali e l'organizzazione dei pubblici poteri, privilegiando il momento della relazionalità e del confronto sia nell'esperienza individuale sia come criterio di organizzazione del governo. Con il progetto "devolution" invece il principio del dialogo che anima la Costituzione dei diritti sarebbe contraddetto dal principio della chiusura e dell'autosufficienza di maggioranza che si andrebbe ad introdurre per le istituzioni di governo.
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16. MI DICONO CHE CON LA DEVOLUTION AVREI SERVIZI MIGLIORI. È VERO ?
Nessuna norma costituzionale può garantire di per sé servizi migliori, che dipendono dalle leggi di attuazione.
Si vuole forse sostenere che lasciando alle regioni più spazi per operare autonomamente la qualità dei servizi migliorerebbe: in realtà, va considerato che i margini di maggiore autonomia delle regioni nella riforma sono quantomeno ambigui [v. risposta n. 5] e contraddittori; che gli (eventuali) miglioramenti di alcuni servizi in alcune regioni potrebbero essere compensati da peggioramenti in altre regioni; che per chiunque abbia la necessità, o anche solo la voglia, di svolgere la propria attività o comunque spostarsi in diverse regioni, il semplice fatto di dover "imparare" a utilizzare servizi organizzati diversamente comporterebbe diversi svantaggi (maggiori costi, perdite di tempo .).
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17. LA COSTITUZIONE HA PIÙ DI 50 ANNI. NON È DA CAMBIARE ? IN CHE PARTI ?
L'impianto della Costituzione si è dimostrato valido, capace addirittura di anticipare problemi rilevanti. La tenuta dei principi è, almeno formalmente, riconosciuta. Ma anche l'impianto dei poteri ha dimostrato di essere fondato su equilibri saggi. La qualità della nostra democrazia ha semmai risentito negativamente del lungo congelamento dell'attuazione costituzionale e di un sistema partitico chiuso e scarsamente orientato all'autoriforma. Non c'è dunque bisogno di alcun stravolgimento costituzionale come quello prefigurato da questa riforma.
Si può optare tutt'al più per una strategia di manutenzione costituzionale, facendo ritocchi parziali e condivisi. In questo senso, la prima riforma da fare è quella dell'art. 138 Cost., imponendo che la revisione della Costituzione si possa fare solo con la maggioranza dei 2/3 del Parlamento ed evitare così nuovi colpi da mano, da chiunque provengano.
Bisognerebbe poi, soprattutto, che diventassimo tutti cittadini esigenti, capaci di chiedere a chiunque progetti riforme della costituzione la dimostrazione della loro necessità e della loro capacità di risolvere i problemi. Troppo spesso, negli anni passati, la richiesta a gran voce di grandi riforme costituzionali è apparsa confusamente intrecciata ad una strategia di auto-assoluzione dei partiti e di fuga dalle loro responsabilità. Altri problemi sembrano altrettanto se non più urgenti e gravi: l'assenza di una cultura della legalità e di una cultura della partecipazione; le modalità della selezione della classe politica; la progressiva chiusura oligarchica dei partiti, favorita anche da una sciagurata legge elettorale che ci ha tolto pure lo strumento della preferenza.
Per affrontare la maggior parte di queste cose, non serve la revisione costituzionale, ma, innanzitutto, una seria volontà ed una effettiva capacità politica di attuazione!
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18. LA VITTORIA DEI NO IMPEDIREBBE LE RIFORME COSTITUZIONALI DI CUI C'È BISOGNO ?
La vittoria dei NO ha come unico effetto diretto e vincolante quello di impedire l'entrata in vigore di QUESTA legge di revisione della costituzione.
Per quanto riguarda la possibilità di approvare successivamente nuove leggi di revisione costituzionale, restano in vigore le norme attuali (art. 138 cost): per proporre al parlamento riforme costituzionali, ovviamente diverse da quella bocciata dal referendum, è sufficiente, quindi, dare inizio al procedimento previsto, presentando una proposta di legge costituzionale che dovrà completare il suo iter parlamentare [v. anche dom. 1].
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19. QUALCUNO SOSTIENE CHE SOLO LA VITTORIA DEI SÌ GARANTIREBBE RIFORME SICURE E CHE, IN REALTÀ, PER CORREGGERE I DIFETTI DELLA RIFORMA (IN PARTICOLARE SULLA FORMA DI GOVERNO) CI SAREBBE POI TEMPO TUTTA LA LEGISLATURA, VISTO CHE L'UNICA PARTE CHE ENTRA SUBITO IN VIGORE È QUELLA RELATIVA AI RAPPORTI STATO / REGIONI (TITOLO VI).
Si tratta di un ragionamento confuso e pericoloso: se vincessero i "Sì", la riforma avrebbe ottenuto il sostegno del voto popolare e sarebbe, perciò, molto discutibile la pretesa di cambiare immediatamente i contenuti di una legge approvata non solo dal parlamento ma anche dalla maggioranza della popolazione interessata .
In ogni caso, si tratta di un ragionamento che dimostra che gli stessi "sostenitori" della riforma . in realtà non la sostengono affatto e la vorrebbero cambiare .
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